Notiziario da Bangui n° 9 – 13 Febbraio 2014
Carissimi amici,
il nostro campo profughi ha ormai superato abbondantemente i due mesi. Davvero chi l’avrebbe immaginato che quelle porte, spalancate il mattino del 5 Dicembre dello scorso anno, sarebbero rimaste aperte per così tanto tempo e che i nostri ospiti si sarebbero così affezionati al Carmel!
Evidentemente, se i nostri ospiti sono ancora qui, sebbene diminuiti, un motivo c’è. La situazione, infatti, stenta a migliorare in modo significativo. A Bangui non passa giorno, e soprattutto non passa notte, in cui non ci siano morti, saccheggi e regolamenti di conto. Ma la cosa ancor più drammatica è che, da diverse settimane, è ormai quasi l’intero paese ad essere teatro di scontri e di violenze senza precedenti. Se in capitale una certa presenza militare, soprattutto francese, assicura una relativa tranquillità e la possibilità di spostarsi senza rischiare troppo la vita, in provincia la situazione è molto più complessa. Tutta la zona nord-occidentale del paese è stata a più riprese oggetto di rappresaglie da parte ora dei seleka ora degli anti-balaka: saccheggi, uccisioni, case – tantissime case – e mercati bruciati.
Il paese è entrato nel vortice di una violenza becera che sembra non arrestarsi. Quello che all’inizio sembrava una lotta per il potere, si è ora trasformato in uno scontro tra queste due fazioni che hanno avvelenato il paese e mietuto vittime innocenti. La follia della guerra non ha risparmiato neppure le famiglie dei miei confratelli: a qualcuno è stato ucciso un membro della famiglia, a qualcun’altro è stata bruciata o saccheggiata la casa. Se i seleka, e chi li ha sostenuti, sono indubbiamente all’origine della situazione in cui ci troviamo, gli anti-balaka hanno dimostrato una violenza pari, se non superiore, a chi li ha preceduti e provocati.
Gli anti-balaka, che non sono musulmani, non possono dirsi cristiani. Se lo erano, le loro azioni dicono il contrario. Più volte, infatti, i vescovi hanno denunciato questa violenta reazione popolare, che i media hanno frettolosamente interpretato come cristiana. Ma, poiché non sono musulmani, la confusione è stata inevitabile. Ci consola la consapevolezza che, sebbene tutto ciò sia una vergogna, sono stati centinaia, forse migliaia, i musulmani che hanno trovato rifugio nelle parrocchie e nei conventi sparsi nel paese... salvandosi letteralmente la vita. Ma l’esodo di questa minoranza è ormai cominciato. Tantissimi musulmani – e tra questi anche alcuni nostri carissimi amici – sono stati costretti a lasciare il paese, pur essendo nati qui. A ciò si aggiunge un effetto collaterale che renderà ancora più difficile la già fragile economia del paese. Le poche attività commerciali del paese – soprattutto, ma non solo, la vendita all’ingrosso e al dettaglio dei generi alimentari di base – era infatti in mano ai musulmani. Il futuro del paese, anche quello economico, è quindi una vera incognita.
In questo quadro desolante c’è stato, il 20 gennaio, un segnale di distensione: l’elezione di un nuovo presidente nella persona di Cathérine Samba Panza, ex-sindaco di Bangui. Se pace sarà, quindi, sarà donna. Tale elezione è stata salutata positivamente dalla comunità internazionale. Cathérine Samba Panza ha poi una cosa alla quale i politici tengono molto e che faceva difetto a chi l’ha preceduta: il favore popolare. Ciò non toglie che il compito che le sta davanti sia difficile, quasi impossibile. È ancora presto, allora, per cantare vittoria e brindare alla pace. Del resto, nel nostro frigo, dorme uno spumante che non abbiamo ancora avuto il coraggio di stappare da due mesi a questa parte.
La nuova presidente ha in seguito nominato un nuovo primo ministro il cui cognome è tutto un programma:Nzapayeke, che significa ‘Dio c’è’. Un ottimo tandem con il vescovo di Bangui, il cui cognome,Nzapalainga, significa ‘Dio sa’. Quindi: Dio c’è e Dio sa. Queste due certezze, che non sembrano mai essere venute meno nel cuore di tutti i centrafricani, siano essi cristiani o musulmani, sono più che sufficienti per non scoraggiarci, sentirci al sicuro e andare avanti.
Ve lo ricordate padre Anastasio? Il suo soggiorno è stato breve, ma i nostri profughi lo hanno subito preso in simpatia. Tutti i nostri bambini hanno imparato a dire ‘ciao’… “anche senza dargli una caramella” (o, almeno, così sostiene padre Anastasio, noto in tutto il Centrafrica come père Ciao). Comunque se padre Anastasio avesse presentato la sua candidatura come presidente del Centrafrica avrebbe avuto qualche chance di vittoria. Qui al Carmel avrebbe stravinto. Ma purtroppo, dopo aver fotografato tutto il fotografabile, padre Anastasio è stato costretto a ripartire, confessandomi che non gli era mai stato così difficile lasciare il paese.
Per fortuna, al suo posto, è arrivato subito fra Nicola, un dono del padre provinciale per offrirci un po’ di auito e di sostegno. Fra Nicola, che proprio in Centrafrica scoprì, ormai più di vent’anni fa, la sua vocazione, ha lasciato il silenzioso Eremo di Varazze per questo convento trasformato in un chiassoso campo profughi. Mastica ancora un po’ di sango (la lingua del Centrafrica) dal sapore lucano e quindi il suo inserimento è stato veloce. Ha portato con sé una bella statua della Regina della Pace che è andata a ruba tra i miei confratelli per un giro di novene. Fra Nicola, quando non s’infiamma parlando della Madonna, sa fare veramente di tutto e appartiene a quella specie di frati dei più apprezzati e contesi nei conventi. Il suo soggiorno sarà breve, ma ci ha comunque dato una grossa mano.
Nel frattempo è nata una scuola d’emergenza, grazie anche all’iniziativa degli insegnanti cattolici presenti tra i nostri rifugiati. L’organismo incaricato di costruire la scuola avrebbe voluto utilizzare il nostro campo da calcio. Ma i miei confratelli, che sono stati alquanto generosi nell’offrire la chiesa per il sonno dei più piccini, molto sportivamente non hanno voluto sentir parlare di rinunciare al campo di calcio conventuale per farne una scuola. E quindi la scuola è sorta nel giardino delle suore, a pochi metri dal nostro cancello. Il giorno dell’inaugurazione, seduto sulla poltrona principale, ho ricevuto gli onori degni di un direttore scolastico di una popolatissima scuola con classi, purtroppo senza banchi e sedie, che sfiorano i duecento allievi. Mi hanno dato la parola presentandomi come Bwa Febaba ti adéplacés kwe ti Carmel (padre Federico, papà di tutti i profughi del Carmel)derico, .
In questi giorni, la gioia più grande è vedere ogni mattina frotte di bambini che sciamano dal nostro campo profughi, con le loro cartelle griffate Unicef, per raggiungere le loro classi profumate di plastica… per fare una cosa così normale, così bella e così giusta come andare a scuola. Io, alla loro età, non mi ero accorto di essere fortunato perché i giorni di scuola superavano quelli di vacanza. Qui, invece, da alcuni anni, è purtroppo quasi il contrario. Se avete dei bambini, diteglielo prima che sia troppo tardi.
Purtroppo, se i bambini non mancano, la nostra fattoria ha subito un duro colpo a causa di diversi furti. A Bangui i prezzi dei generi alimentari sono a volte addirittura raddoppiati e la carne è diventata introvabile. Il nostro bestiame, quindi, fa gola a tutti, soprattutto ai ladri. Ma noi teniamo duro. Se mai ne usciremo da questo diluvio, le 22 mucche e le 37 anitre del Carmel saranno una sorta di arca di Noè, grazie al quale sarà ripopolato il Centrafrica. Quanto alla prosecuzione della specie umana, i centrafricani non hanno bisogno di essere incoraggiati.
Quanto a bambini, tuttavia, al Carmel non ne sono più nati. In compenso è arrivato Geoffroy, un bambino di circa 12 anni, proveniente da Bossangoa, una città situata a 400 Km a nord di Bangui. Geoffroy non ha fratelli, i suoi genitori sono morti a causa di una granata e la sua casa è stata incendiata; e lui, accompagnato da dei militari, è arrivato fino a Bangui. Dopo aver trascorso qualche giorno nel campo profughi dell’aeroporto – che ospita qualcosa come 100.000 rifugiati – un taxi-moto lo ho lasciato davanti al cancello del nostro convento senza troppe spiegazioni. E noi lo abbiamo lavato, vestito, nutrito, cercando di comprendere qualcosa della suo passato e di trovare una soluzione per il suo futuro. Nel frattempo, senza troppe difficoltà, Geoffroy si è adattato ad usi e costumi del convento, forse un po’ smarrito per tanta accoglienza da parte di 12 giovani frati, ma felice di poter dormire in un luogo sicuro. A noi, tutta questa simpatica e incredibile storia, è sembrata la versione africana di ‘Marcellino, manioca e vino’…
Abbiamo anche ricevuto la visita delle suore di Madre Teresa di Calcutta. Senza troppo rumore e zero burocrazia, questi angeli vestiti di sari sono riusciti a fare qualcosa che nessuna ONG era fin’ora riuscita a fare. Per ben due volte hanno offerto un pasto caldo per tutti – proprio tutti – i bambini: una zuppa di riso dolce. E, prima di ripartire, hanno preso con sé Pierre, un vecchio congolese ammalato, rimasto abbandonato nel fuggi fuggi della guerra.
C’è poi, qui al Carmel, un Corpus Domini quotidiano. Ogni mattina, al termine della celebrazione eucaristica nella nostra cattedrale di palme e cielo, riportiamo quanto resta dell’Eucaristia nel tabernacolo all’interno del Convento. Sembrano, ogni volta, le dodici ceste avanzate dopo la moltiplicazione dei pani. Il Santissimo, per nulla infastidito, attraversa il nostro campo di profughi in un caleidoscopio di colori, odori, fumi e profumi, fango e polvere. E, mentre compio questa surreale processione, ringrazio in cuor mio questa gente, che forse non sa che sta obbligando me e i miei confratelli a vivere un po’ di più il Vangelo.
Alla prossima!
Padre Federico, i fratelli del Carmel e i nostri ospiti
Una porta aperta.......
BERGAMO
Una porta aperta … sulla fraternità interconfessionale
Da un paio d’anni, in accordo col Segretariato Migranti della Diocesi, abbiamo la gioia di ospitare nella nostra casa di Bergamo Bassa un gruppo di fedeli della Chiesa Ortodossa Etiope, che hanno chiesto accoglienza per la loro preghiera comunitaria, ogni quindici giorni, la domenica mattina. Non essendoci ancora, a Bergamo, una chiesa destinata alle celebrazioni secondo il loro rito, questo gruppo era stato precedentemente ospitato dai Frati Cappuccini di Borgo Palazzo. A un certo punto, però, l’ambiente che utilizzavano si è reso necessario per ampliare la mensa dei poveri, un preziosissimo servizio di carità che da anni i nostri frati esercitano nello spirito di S. Francesco, accogliendo quanti, sempre più numerosi, necessitano quotidianamente dei beni di prima E così, in una catena di carità che vede e vorrebbe soccorrere i bisogni non solo materiali, ma anche spirituali del prossimo (il fondatore Benaglio pensava le Figlie del S. Cuore dedite al “bene soprattutto spirituale del prossimo”!), ci siamo trovate a contatto con l’esperienza di fede dei nostri fratelli ortodossi con le loro tradizioni culturali.
Ordinariamente si ritrovano in una grande sala, dove stanno a lungo in profondo raccoglimento e li sentiamo
pregare coralmente e cantare le loro melodie. La lingua è incomprensibile, ma il calore della fede e della comunione che ne scaturisce si comunicano senza parole!
Una volta all’anno, il gruppo si allarga perché giungono fedeli anche da Milano e da Brescia, per partecipare all’incontro di preghiera e di catechesi guidato da Abbà Samuel, sacerdote guida del luogo di culto milanese. E’ successo il 3 giugno, quando, con canti particolarmente gioiosi accompagnati dal battito delle mani al suono di un grande tamburo, i nostri amici si sono radunati in un ambiente più ampio del solito, addobbato con cura per la circostanza, con tappeti e fiori e numerose immagini religiose. Il tutto creava un’atmosfera di intensa sacralità. Abbiamo anche apprezzato che, in questi appuntamenti “speciali” del loro culto, i nostri fratelli ortodossi amano esprimere il senso della venerazione di Dio anche con una cura particolare del loro Le bambine, per esempio, arrivano agghindate a festa con abiti tradizionali che sono un’armonia di colori,
mentre le donne si ricoprono dell’ampio velo bianco che le distingue sempre nei momenti comunitari del culto religioso.
Domenica è stato festeggiato il battesimo di Cristian. Ci hanno spiegato che il battesimo viene conferito ai maschietti a 40 giorni dalla nascita, mentre per le bambine il tempo è raddoppiato (80 giorni). Alla gioia dei genitori hanno preso parte anche numerosi amici e conoscenti etiopi, con le rispettive famiglie, provenienti sempre da Bergamo, Brescia e Milano. Anche il momento conviviale che è seguito, coi piatti tipici della loro cucina, è stato certamente una bella occasione per rinsaldare l’amicizia, l’unità e l’identità di popolo, tenendo vive tradizioni di una terra geograficamente lontana, ma affettivamente sempre presente.
In queste circostanze, i nostri fratelli copti sono lieti di metterci a parte delle loro consuetudini non solo religiose, ma anche... culinarie! Abbiamo così potuto assaggiare il pane e le pietanze che le donne preparano accuratamente e mettono poi in comune, dando ancora più “sapore” alla fraternità che nasce dalla fede condivisa e celebrata insieme.
Mentre Papa Francesco, con la forza della tenerezza cristiana, percorre i sentieri del dialogo interreligioso e incoraggia i credenti alla fraternità universale, noi diamo il nostro modestissimo contributo tenendo semplicemente aperta la porta di casa.
Un piccolo spazio della nostra grande casa si fa chiesa per chi ancora non c'è. E’ il contributo del “piccolo gregge”, come il Fondatore chiamò le Figlie del S. Cuore nel giorno della fondazione. E vorremmo che fosse non solo una questione di muri, ma di cuori.
La Comunità di Bergamo
Rassegna Bibliografica Ragionata.....
Rassegna Bibliografica Ragionata
per conoscere meglio i fondatori, la storia e lo spirito
delle Figlie del S. Cuore di Gesù
Il volume “Rassegna bibliografica ragionata dell’istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù” costituisce una novità almeno per tre motivi.
Anzitutto, è la prima volta che le Figlie del Sacro Cuore di Gesù hanno deciso di far intraprendere da una delle religiose un lavoro non indifferente, sapendo che sarebbe durato diversi anni e avrebbe incontrato non poche difficoltà, dovute sia alla necessità di reperire tutte le pubblicazioni riguardanti l’istituto, sia al tempo, inevitabilmente lungo, che sarebbe stato necessario per leggerle ed esaminarle.
Inoltre, il volume costituisce una novità anche tra le pubblicazioni riguardanti la storia delle congregazioni religiose femminili. A quanto mi risulta, almeno per l’Italia, questo delle Figlie del Sacro Cuore è il primo esempio di uno studio che raccoglie ed esamina tutte le pubblicazioni relative ai fondatori e alla storia di un istituto, dalle origini a oggi.
Un terzo motivo di soddisfazione è costituito dal fatto che questa bibliografia, diversamente dalle tante altre compilate da grandi Ordini religiosi come Gesuiti, Francescani, Domenicani ecc., non si limita a un arido elenco di titoli di opere, ma le esamina tutte, ricollocandole nel loro contesto storico e mettendone in luce pregi e limiti.
Certo, la lettura di un libro del genere è difficile e non può essere di carattere continuativo. Ma chi volesse approfittare della “Guida alla lettura” e seguisse passo passo le indicazioni relative all’argomento prescelto - sia esso il fondatore, canonico Giuseppe Benaglio, sia la fondatrice, S. Teresa Eustochio Verzeri, sia Maria Antonia Grumelli, sia altri argomenti come le costituzioni dell’istituto, il suo sistema educativo, la sua spiritualità, ecc. – si troverebbe di fronte a una miniera di informazioni, parecchie delle quali risulterebbero nuove, con piacevole arricchimento
delle proprie conoscenze e del proprio spirito.
Conviene quindi essere grati a sr. Rosy che ha accettato, con una fatica durata diversi anni, di compiere questa ricerca a vantaggio del suo e anche di altri istituti religiosi, che in essa potrebbero trovare un esempio da imitare.
Giancarlo Rocca - Società S. Paolo
Storico. Direttore
del “Dizionario degli istituti di perfezione”.
CON-FUSIONE di NATALE
Accoccolata con il suo Kleo in grembo, Vera ha benedetto di gioia e di pace la nostra nuova chiesa. Ci eravamo messi a cercare macerie per alzare il livello del sagrato, e sagra è stata.
Con i camion sono arrivati a frotte i bambini magyp, esperti di ferro e di lattine, a strappare dai calcinacci ogni residuo di metallo. Si sono aggirati felici tra la polvere, per l’intera settimana, la scuola non li cerca. Tra il vociare dei piccoli e le martellate dei più grandi, abbiamo presto intuito i sottintesi criteri organizzativi: un camion per famiglia, così, dopo poche ore, tutte le famiglie rom di Shengjin avevano il loro feudo, un mucchio di macerie da rovistare per bene, liberando i tondini dal cemento, per rialzare l’economia di casa, sui ruderi di altri.
Kleo ha mangiato e poi dormito, il suo turno verrà tra qualche anno. La scena si è compiuta sulla parete esterna del battistero: impossibile non pensare alla Vita, alla Rinascita, alla Libertà e alla Gioia che sono per ogni figlio di Dio, cioè per tutti.
Tra la polvere-incenso delle macerie, una madre e il suo bambino hanno celebrato la vita e tutti i suoi significati, battezzando la nostra chiesa prima ancora della liturgia che verrà. “Questa è buona per il Natale”, ho pensato, considerando la fotografia e tutto il suo contorno. Perché, senza forzature, penso che per Dio, l’Onnipotente, il farsi uomo è stato un con-fondersi con la nostra polvere, un contaminarsi con il nostro sudore, un darsi alla fatica, che prelude alla gioia come al dolore. “Una colata di sudore e amore”, così Alda Merini canta Gesù in poesia, Dio “vestito di cenci” che percorre la terra “in mezzo all’ombra e alla luce”, Cristo Gesù “che è stato una catastrofe” perché “ci ha avvicinati tutti l’uno all’altro”. (cfr Alda Merini, Corpo d’amore, Frassinelli, 2001).
Non un’altra creazione, quella del Figlio Incarnato, dove tutto ha un posto perché separato e diviso, piuttosto una salutare rimescolata al genere umano, con il braccio forte di Dio stesso, che ci costringe a rovinarci addosso e ad abbracciarci, salutare caos per una ri-creazione che, nel Figlio, ci fa gustare tutti contenti il pane nuovo della fraternità.
Facciamoci gli auguri, credenti e non: di essere protagonisti di una bella con-fusione natalizia, sommersi dalle parole dei vicini, contenti di tacere o anche di gridare, addormentati e sazi come Kleo, mentre proprio sui nostri piedi, in mezzo alle macerie che siamo, qualcuno riporta in vita i fili di ferro per l’edificio che verrà.
sr. Gianna Lessio
Amici del Sacro Cuore
Appunti di una festa
Il Regno di Dio ha un dinamismo di crescita misterioso e segreto, ma se riesci a contemplarlo con gli occhi della fede ti si rivela come “un miracolo”.
E’ la storia del seme che, sepolto, germoglia, e feconda, donando vita.
In questi nostri tempi le chiese si spopolano, sempre di meno, sono le sentinelle in trincea, ma lo Spirito è presente ed ha una vitalità straordinaria. Passa attraverso la storia e niente e nessuno lo ferma: bussa, irriga, entra, scalda e trasforma; va al di là di ogni previsione.
Neppure il nostro pessimismo lo frena: si espande a nostra insaputa e suscita nuove realtà.
Domenica 23 ottobre, festa liturgica del “comandamento dell’amore” a Verona, nella Chiesa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù -“Seghetti”, durante il Sacrificio Eucaristico, 12 fratelli e sorelle laiche hanno chiesto pubblicamente di far parte della nostra famiglia carismatica, si sono affidati al sacro Cuore, impegnandosi a vivere per un anno secondo i suoi sentimenti, il suo spirito, la missione.
La Madre Provinciale ha consegnato loro, insieme a una piccola croce con il motto: “Venite a Me”, il Documento, nato nel cuore profetico di Santa Teresa, già nel 1847 – redatto in forma nuova – come simbolo di una continuità che ci rende eredi dello stesso dono, noi Figlie e loro Amici del Sacro Cuore.
E’ stato assai significativo l’abbraccio di augurio e di pace scambiato con le Religiose presenti, convenute dalle tre Comunità di appartenenza: Carpenedolo, Trento, Verona.
Padre Adolfo Antonelli, Canossiano, ha presieduto la cerimonia e, come sempre, ha illuminato e guidato l’assemblea a intonare un canto di lode e di riconoscenza al Signore per la risposta generosa di questi fratelli, che hanno professato consapevolmente la loro consacrazione battesimale e l’universale chiamata alla santità.
Suor Cecilia Paris
Ecco alcune Testimonianze:
Un giorno di luglio di due anni fa, eravamo in vacanza a Cavalese. Il Signore mi ha fatto incontrare le Figlie del Sacro Cuore: era il periodo triste e difficile della mia vita per due interventi gravi che avevo subìto. Loro mi ascoltavano con affetto e comprensione; per me la loro presenza e l’amicizia che ne è nata, è stata un dono grande, la porta per incontrare il Cuore di Dio. Da allora ho deciso di seguire il cammino formativo dei “cercatori di Dio” con il Gruppo degli Amici del Sacro Cuore di Verona. Con loro ho conosciuto il carisma, la spiritualità e la missione di queste Suore che sono nate dalla santità di Teresa Verzeri. Frequento con mio marito gli incontri mensili e sento che Dio mi dà coraggio, speranza e forza: sono nel suo Cuore e non temo più nulla. Sono felice e ringrazio di essere stata accolta a far parte di questa famiglia per vivere in comunione, una carità universale, costante e generosa.
Annalisa
Io e Antonio, sposati da 36 anni, grazie a nostro figlio, che ha frequentato e si è diplomato alla Scuola di Trento, abbiamo avuto l’occasione di avvicinare le Figlie del S. Cuore. Che cosa ci ha attirato verso questo carisma? Forse gli incontri, i ritiri fatti con i giovani e i genitori, ogni volta che ci siamo sentiti accolti, ascoltati e coinvolti. I viaggi a Paray le Monial, a Taizé , sono stati momenti forti per la nostra crescita spirituale. Quasi senza accorgerci ci siamo trovati a pregare insieme, a impegnarci in Parrocchia, a testimoniare in semplicità quanto Dio operava in noi dopo che gli abbiamo aperto il nostro cuore e ci siamo fidati di Lui. Vogliamo continuare questo cammino insieme; insieme ci si sostiene, si ritrova coraggio e si combatte la tentazione di chiuderci in noi stessi per diventare invece “prossimo” per tutti quelli che hanno bisogno.
Vanda e Antonio
So che la mia nascita è stata un dono per chi mi viveva accanto, ma oggi ho la piena consapevolezza che essa è un dono che Dio ha fatto a me. Fin da bambina ho avvertito la sua presenza dentro di me: con Lui parlavo, in Lui cercavo il sollievo e la consolazione nei momenti tristi o nelle sensazioni di pericolo. In questi ultimi anni, particolarmente, la prova si è accanita su di me e sulle miei due figlie, privandoci degli affetti più cari e facendoci conoscere la solitudine e l’isolamento. Pur sforzandomi, non trovavo la forza di dare ancora un senso alla mia vita: i valori più sacri erano crollati. Ero sperduta. Ma, ecco, un giorno un’amica tanto cara mi invitò a conoscere le Figlie del Sacro Cuore. Il Signore, silenzioso, ancora una volta mi indicava la strada; voleva lenire le mie sofferenze facendomi incontrare queste persone illuminate: le Figlie del Cuore di Gesù.
Anche questo è stato un dono, un dono grande per la mia anima che, lentamente ha ritrovato il vero, unico senso della vita: “vivere ogni giorno nel cuore di Dio”. Grazie per avermi accolta.!
Elvira
La mia conoscenza delle Suore risale a 20 anni fa. Un incontro casuale, ma forse maturato e voluto dal Cuore di Dio.
Avevo vista sulla porta della Parrocchia un avviso per un Corso di Esercizi Spirituali dal titolo:” Donne amate dal Signore” Si teneva a Parona in via Monastero. Insieme con altre mie amiche decisi di partecipare. E in quell’oasi di preghiera, ho incontrato uno spirito nuovo, una accoglienza cordiale, un ascolto attento, una sapienza umile capace però di rendere viva la Parola del Signore. Sono rimasta legata alle Suore e volentieri ho partecipato alle Assemblee annuali, agli incontri di formazione sul carisma e la spiritualità di Santa Teresa Verzeri, approfondendo il dono che lo Spirito santo ha fatto a noi nel battesimo chiamandoci ad essere eredi della sua carità. Lodo il Signore e lo ringrazio di avermi guidato a far parte dei Laici del Sacro Cuore.
Primarosa
Sono Manuela, insegnante al Sacro Cuore di Trento. Nel mio impegno educativo ho sempre avuto a cuore la formazione dei ragazzi e per essere una testimone valida ho cercato di avere io stessa una condotta adeguata dal punto di vista cristiano.
Ogni volta che potevo, ho aderito alle proposte e alle sollecitazioni che mi sono state offerte; recentemente, da due anni, ho partecipato agli incontri formativi mensili. Conoscere e approfondire la Parola del Signore mi fa scoprire sempre qualche cosa di nuovo che arricchisce la mia vita e le mie relazioni.
Le vite dei Santi, di S. Francesco e di S. Chiara “in primis” (perché da Perugia mio padre mi portava spesso sui luoghi francescani), ma anche di S. Antonio (perché ho studiato a Padova) e poi di S. Teresa d’Avila e S. Teresina, mi hanno aiutato a dedurre che ognuno di loro ha lasciato una scia di luce nella quale brillano la carità, la preghiera, la fede, la grazia dello Spirito, che aiuta a superare tensioni, dubbi e conflitti inevitabili nell’ esistenza, perché tutto è filtrato nella volontà divina.
Ultimamente ho letto la vita di S. Teresa Verzeri, la Fondatrice e Madre delle nostre Suore, e alla fine penso che tutte le strade portino a Dio, al Cuore di Gesù, che ci attira tutti e ci ama senza misura, ma che Lui si rivolge a noi come se fossimo la sua unica preoccupazione e ci chiama ad una ad una, per nome.
Ho capito che allora Lui attende la nostra risposta, e che anch’io potevo dirgli il mio “sì”, promettergli di vivere con quello stile speciale che è il “suo”, quello di portare ai miei fratelli e alunni, il suo cuore mite e umile.
Qui lo voglio confermare davanti a voi perché mi siate testimoni.
Manuela