I Fondatori: Teresa Verzeri e Giuseppe Benaglio

 

Teresa Verzeri

Teresa Verzeri nasce il 31 luglio 1801 a Bergamo (Italia); è la primogenita dei sette figli di Antonio Verzeri e della contessa Elena Pedrocca-Grumelli. Il fratello Girolamo diventerà Vescovo di Brescia.

La madre, dubbiosa se scegliere il matrimonio o abbracciare la vita monastica, si era sentita rispondere in tono profetico dalla zia M. Antonia Grumelli, monaca clarissa: "Dio ti destina a quello stato per renderti madre di santa prole".

Nella più tenera età Teresa impara dalla mamma, donna eminentemente cristiana, a conoscere e ad amare Dio ardentemente. Nel suo cammino spirituale viene seguita dal Canonico Giuseppe Benaglio, Vicario Generale della Diocesi di Bergamo, che già accompagnava la famiglia.

Teresa compie gli studi iniziali in ambito domestico. Intelligente, dotata di spirito aperto, vigilante, retto, viene educata al discernimento, alla ricerca dei valori perenni e alla fedeltà all'azione della grazia. Dalla fanciullezza fino all'età più matura Teresa si lascia illuminare dallo Spirito di Verità che l'animerà ad un costante e acceso combattimento spirituale: alla luce della fede scopre e sperimenta il peso della propria fragilità, smascherando, per quanto è possibile a creatura umana, ogni forma idolatrica di menzogna, di egoismo, di paura, per arrendersi totalmente a Dio.

Percorre, nella Grazia, un cammino fatto di spogliamento, di purezza di intenzione, di rettitudine e semplicità che la porta a cercare "Dio solo". Interiormente Teresa vive la particolare esperienza mistica "dell'assenza di Dio", anticipando qualcosa della vita religiosa dell'uomo di oggi: il peso della solitudine umana davanti al senso inquietante della lontananza da Dio.

Nella fede incrollabile, tuttavia, Teresa non smarrisce la confidenza e l'abbandono nel Dio vivente, Padre provvidente e misericordioso, al quale vota in obbedienza la vita, e come in Gesù, il suo grido di solitudine diventa consegna di tutta se stessa per amore.

Nell'intento di piacere a Dio e di fare solo la sua volontà, matura la sua vocazione religiosa tra la famiglia e il Monastero Benedettino di Santa Grata, dal quale esce dopo lunga e travagliata ricerca, per fondare a Bergamo, insieme al Canonico Giuseppe Benaglio, l'8 febbraio 1831, la Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Teresa Verzeri vive nella prima metà dell'800, un periodo di grandi trasformazioni nella storia d'Italia e della società di Bergamo, segnata da cambiamenti politici, rivoluzioni, persecuzioni che non risparmiano la Chiesa, attraversata anche dal Giansenismo e dalla crisi dei valori, frutto della Rivoluzione Francese.

Nel momento in cui la devozione al Sacro Cuore trova resistenze, ella consegna alle prime Figlie del Sacro Cuore questo testamento, che caratterizza il patrimonio spirituale della loro famiglia religiosa: "Gesù Cristo, a voi e al vostro Istituto ha fatto il prezioso dono del suo Cuore, perché non da altri impariate la santità, essendo Egli della vera santità la sorgente inesausta". (Libro dei Doveri, vol. I, p. 484). Teresa vede benissimo le urgenze, coglie i bisogni del suo tempo. Con disponibilità assoluta a qualunque situazione ove la carità lo richiede, anche a quelle più pericolose e gravi, con le sue prime compagne si dedica a diversi servizi apostolici: "educazione delle giovani di media ed infima classe; convitti delle orfane pericolanti, abbandonate ed anche traviate; scuole, dottrina cristiana, esercizi spirituali, ricreazioni festive, assistenza agli infermi" (Pratiche, 1841).

Nella sua missione rivela le sue doti speciali di maestra di spirito, di apostola e di pedagoga. Teresa professa espressamente il sistema preventivo: "Coltivate e custodite molto accuratamente la mente ed il cuore delle vostre giovinette mentre sono ancora tenere, per impedire, per quanto possibile, che in essi entri il male, essendo migliore cosa preservare dalla caduta coi vostri richiami ed ammonimenti che risollevarle con correzione" (Libro dei Doveri, vol. III, p. 368).

L'educazione è opera di libertà e di persuasione, nel rispetto dell'individualità: per questo raccomanda di lasciare alle giovani "una santa libertà sì che operino volentieri e in pieno accordo quello che, oppresse da comando, farebbero come peso e con violenza"; che la scelta dei mezzi si adatti "al temperamento all'indole, alle inclinazioni, alle circostanze di ognuna... e sul conoscimento di ciascuna" si stabilisca il modo con cui trattarla (Libro dei Doveri,vol. I, p. 447 e 349).

Nel 1836 muore il Canonico Benaglio; Teresa, appoggiata all'obbedienza che le garantisce essere la Congregazione voluta da Dio, si dedica totalmente alla sua approvazione, consolidamento ed espansione. Affronta, per questo, tanti ostacoli frapposti dalle autorità civili, ed anche da persone della gerarchia ecclesiastica che mettono a dura prova la sua virtù. Teresa si mostra eroica nell'abbandono alla volontà di Dio che la sostiene.

Dopo una vita di intensa donazione, Teresa Verzeri muore a Brescia il 3 marzo 1852.

Lascia alla Congregazione, già approvata dalla Chiesa e da parte civile, una vasta documentazione - soprattutto nelle Costituzioni, nel Libro dei Doveri e in più di 3.500 lettere - dalla quale è possibile attingere tutta la ricchezza della sua esperienza spirituale e umana. Il prezioso patrimonio spirituale trasmesso alla Congregazione trova il suo centro nel Cuore di Gesù da cui la Figlia del Sacro Cuore eredita lo spirito di esimia carità che la spinge a farsi "tutta a tutti" in un'intima relazione con il Padre e nella sollecitudine amorosa verso ogni essere umano. 

Animate da questo spirito, le Figlie del Sacro Cuore di Gesù continuano la missione di Teresa, oggi, in Italia, in Brasile, Argentina e Bolivia, nella Repubblica Centrafricana e nel Camerun, in India e in Albania.

Nella contemplazione del Cuore di Cristo ricevono il mandato di andare ad ogni uomo e donna con dedizione che predilige i poveri, aperte ad ogni servizio, sollecite nel promuovere sempre la dignità della persona, ad essere Cuore di Cristo là dove più grande è il bisogno.

Le reliquie di Teresa Verzeri sono venerate nella cappella delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, in Bergamo.

Giuseppe Benaglio (Bergamo 1767 - 1836)

Nasce dalla famiglia del Conte Antonio di Sanguineto e di Caterina Ginammi, una tra le più antiche e nobili della città, che conta una lunga serie di personaggi illustri per scienze, per incarichi pubblici e per pietà. Ordinato prete nel settembre del 1790, a ventidue anni, fu nominato Canonico del capitolo di Bergamo, che contava allora molte personalità distinte per virtù e sapere: Mozzi, Tomini, Passi e altri, con i quali strinse legami di amicizia e rapporti fecondi di collaborazione.

Aveva un carattere gioviale, allegro, incline alle amicizie. Nel libro primo degli Annali dell'Istituto delle Figlie del S. Cuore di Gesù, a proposito di Monsignor Benaglio si legge:

“Chi ferma lo sguardo sull'imagine del venerando servo di Dio, resta subito colpito da quell'impronta di raccoglimento, di penitenza, di orazione, di vita più celeste che terrena, impressa nei lineamenti e nell'atteggiamento della persona, e quasi soggiogato da un intimo convincimento esclama: - "Questi è un santo!" -
           Chi chiede notizia di Mons. Benaglio o alla tradizione ancor vivente, o ai documenti storici, o alle biografie tuttoché imperfette, stupisce di quella mente così elevata, di quella dottrina così profonda, di quel sapere così vasto, di quell'operosità così instancabile e quasi prodigiosa, ed esclama: - "Egli fu certamente un teologo insigne, un dottore ed un apostolo!" - Ma né il suo ritratto, né i pochi cenni storici che abbiamo di lui, né la memoria trasmessaci da chi lo conobbe, ce lo presentano sotto tale aspetto, che ci faccia esclamare: "Oh! il tenero padre!" - Eppure egli fu veramente tale.
           Bisogna leggere le sue lettere, deplorevolmente troppo scarse ed imperfette, per vedere la luce, ond'esserne convinti. Vicino alle esortazioni più sode e talvolta più elevate, che cara amabilità! Che paterna condiscendenza! Che familiare dimestichezza! Visita le sue giovani, scherza con esse, le invita, ne accoglie con bontà i piccoli doni, e talora pur li ricambia. Ad una di esse, per esempio, scrive: "Vi ringrazio degli zuccherini di garofolo, ottimi per lo stomaco: mi sono stati cari, ma desidero di averne degli altri, non di garofolo ma di testa: anzi voglio che questi non li mandiate a me, ma al vostro Dio: e vi assicuro che gli saranno carissimi. Quando la vostra testa vuol pensare a modo suo, il contradirvi subito, lo sbandir subito tali pensieri, oh credetemi, sono tali zuccherini, che addolciscono il cuor vostro e danno gusto al Signore. Di questi zuccherini voglio che ne mandiate molti al Signore... cioè ogni volta che vi capitano certe ideette, cui dovete sbandir subito subito... rinunziando costantemente, e in tutto alla vostra testa." -
            E ad un'altra così annunzia la sua partenza pel Veneto e l'invita a scrivergli durante il suo soggiorno colà: "Domani, se Iddio mi accompagna, Verona avrà il bene di accogliermi entro le sue mura, e credo che altre città della Lombardia veneta avranno ad invidiare simile fortuna. Mi dispongo a vedere cose grandi, ma non tali che mi facciano dimenticare i broccoli del mio orto, le galline del mio pollaio, le giovani della mia Congregazione. Se bramate che una vostra lettera sia letta a Venezia, questo è l'incontro: mandatela ferma in posta. Se volete sapere quando io sarò a Venezia fate fare da un bravo matematico questo calcolo: sono partito da Bergamo il 10 per Brescia viaggio di 30 miglia; parto il 15 da Brescia: se ho impiegato cinque giorni per 30 miglia, quanto impiegherò per 120? Dal risultato di questa matematica operazione verrete a rilevare quando sarò a Venezia. Lasciamo da parte le cose serie; ne' viaggi tutto deve essere allegro... Credetemi aff.mo Canonico Benaglio".

 

 

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